E’ opportuno leggere approfonditamente lo schema contrattuale che regola ciascun rapporto di agenzia con la casa mandante, ove sempre più frequentemente viene inserita un’apposita norma che disciplina il raggiungimento del budget minimo da parte dell’agente, subordinandone anche la continuità del rapporto contrattuale in quanto casa mandante, nell’ipotesi di mancato raggiungimento del budget, intende avvalersi della clausola risolutiva espressa onde cessare immediatamente il rapporto in essere tra le parti, senza riconoscere, quindi, all’agente alcun tipo di indennità.
Nel corso degli anni, vi sono stati numerosi dibattiti giurisprudenziali circa la legittimità o meno di questo modo di operare da parte della casa mandante; solo grazie ad una recente pronuncia giurisprudenziale della Corte di Cassazione (10934 del 18/5/2011) ha definitivamente fornito un indirizzo univoco sull’intera problematica del mancato raggiungimento del budget con la conseguente perdita del diritto alle indennità.
E’ importante, tuttavia, compiere un distinguo tra l’ipotesi di “clausola risolutiva espressa” -ex.art. 1456 c.c. e la risoluzione del mandato per grave inadempimento. La prima ipotesi, si configura quando i contraenti convengono in modo espresso che il contratto in essere tra le parti si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta; in tal caso la risoluzione si verifica, ipso jure, quando la parte interessata (in questa ipotesi la casa mandante) dichiara all’altro (agente) che intende avvalersi della clausola risolutiva espressa; se una clausola di tale natura, viene inserita nel contratto di agenzia, il preponente è esonerato dal provare l’importanza dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 c.c., essendo sufficiente la prova del mero inadempimento (ad esempio il mancato raggiungimento del budget prefissato). In questo caso, quindi, l’azienda può risolvere il contratto ma dovrebbe riconoscere tutte le indennità spettanti all’agente di commercio, inclusa quella del preavviso, laddove l’agente dimostri la scarsa rilevanza del mancato raggiungimento del budget in relazione alla complessità del rapporto contrattuale in essere tra le parti.
Nell’ipotesi di risoluzione contrattuale per grave inadempimento (a titolo esemplificativo e non esaustivo: ritenzione indebita di somme di danaro, violazione obbligo di esclusiva, violazione riservatezza professionale), in questo caso nulla è dovuto all’agente, neanche l’indennità di preavviso.
Pertanto, con la già richiamata sentenza 18 maggio 2011, n. 10934, la Cassazione ha affermato che poiché la legge richiede, per la risoluzione in tronco del contratto e per la perdita del diritto all’indennità per la cessazione del rapporto, la sussistenza di una giusta causa, la clausola risolutiva espressa può ritenersi valida nei limiti in cui non venga a giustificare un recesso attuato in situazioni concrete e con modalità a norma di legge o di accordi collettivi non legittimanti un recesso per giusta causa, con la conseguenza che il giudice deve verificare anche la sussistenza di un inadempimento integrante tale giusta causa.
In conclusione: l’agente può rivendicare l’indennità anche in presenza di una clausola risolutiva espressa ove l’inadempimento in essa previsto non concretizzi giusta causa. Il giudice di merito può , quindi, valutare se l’unico mancato conseguimento del budget nell’arco, ad esempio, di 10 anni sia idoneo a configurare la giusta causa.
Consiglio, pertanto, di rivolgersi ad un legale di fiducia, ovvero ad un legale specializzato in materia, al fine di articolare correttamente le richieste relative alle indennità di fine rapporto, per volontà della casa mandante.
Avv.Maria Rosaria Pace
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